Gastel portrait

Giovanni Gastel

Addio al grande poeta dell'immagine.

Gastel portrait
Dopo Raoul è morto un altro grande artista, credo il miglior fotografo di moda italiano.
Un nobile, un signore non solo di fatto ma anche nel cuore, (Figlio di Ida Visconti di Modrone. Nipote del regista Luchino Visconti) ,una persona di grande spessore, che è stato per me un grande maestro.
 

 Sin da quando ero andato ai tempi dell’IED nel suo studio a Milano, dove mi aveva colpito il numero incredibile di libri fotografici che aveva, è stato un artista da cui prendere spunto e farsi contagiare. Ricordo che cercavo di imitare il suo stile unico che aveva creato con Trussardi, che ha seguito per anni, dove la luce principale verso il soggetto veniva da un lato, mentre nel fondo la parte illuminata era dal lato opposto. Ed ogni sua immagine era spunto per creare qualcosa di nuovo.

 

 Credo che il divario con i fotografi di oggi “giovani” di moda sia un abisso incolmabile ….

Guardate il suo profilo instagram … merita solo per il pensiero per sua moglie ….. ma le foto …… dopo averle viste siete costretti ad andare a vedere un Newton o un Avedon, tutto il resto è ….. noia.
Penso che i suoi scatti siano sempre con una marcia in più, mai banali, sia tecnicamente che emotivamente …. mentre oggi fanno delle cose inguardabili ….. siamo tornati a vedere modelle buttate su mucchi di spazzatura o polistirolo …… e senza tecnica.
E’ come se un poeta sbagliasse i congiuntivi …..
Lui è sempre stato avanti, sin da quando lo seguivo da giovane, ma mi meraviglio delle cose incredibili che continuava a produrre …. e cavolo …. aveva solo 65 anni !!!!! 65 !!!!!!
 
Quante emozioni ancora ci avrebbe ancora donato !!!!
La sua tecnica è invidiabile, da Hasselblad e Sinar in pellicola 8×10 al digitale di Hasselblad e poi Canon, sempre al top, un uso delle luci incredibilmente perfetto e creativo, con il digitale un gusto per la postproduzione che nessuno può avere il coraggio di contraddire .
Gastel è la chiara evidenza che il mezzo è secondario, quello che conta è la tua visione e capatità di esprimere quello che hai di fronte con creatività. Poteva avere tra le mani una Polaroid 8×10″ o un dorso digitale su cui lavorare in photoshop, ma la Fotografia rimane la stessa. E ha continuato a produrre vere “opere d’arte” negli anni senza cambiare il suo gusto e capacità di emozionarci ritraendo la bellezza.
Mi ha colpito una sua frase:  ” nel ritratto non sono lo specchio , ma il Riflesso di chi ho davanti. “
Quando faccio un ritratto spetto che il soggetto finisca le sue pose dove cerca la sua dimensione, e. poi gioco con la seduzione, cercando di cogliere attraverso il mio animo la personalità di chi ho di fronte. 
Bellissimo, fondamentale , nella fotografia di ritratto. Un fotografo non sarà mai il mezzo in cui un personaggio o una modella si specchia per esprimersi come lui crede di sembrare ed essere, ma rifletterà sempre quello che vede ed il momento vissuto insieme al soggetto nello shooting.
Gastel diceva “mi lascio sedurre, sia uomo che donna” dove la seduzione va oltre il termine legato alla sensualità. E solo essendo sedotto puoi vedere e  tirare fuori l’anima di chi hai davanti. Ecco perchè i suoi ritratti sono così speciali, oltre a saper interpretare creativamente le emozioni che viveva in quel momento. 
 
Questo Covid …. non se ne può più.
 
Volevo ringraziarlo per la BELLEZZA che ha donato al mondo, perchè è di quella che l’uomo si nutre. E lui di arte ce ne ha donata tanta.
Ma quella bellezza dove non è vero che “tutto” è bello basta che ti piace …….  ma dove un’opera lo è se ti emoziona dentro, se chiunque passa e la vede si ferma 5 minuti estasiato ……
Oggi la fotografia dovrebbe imparare da personaggi come lui, non dai saltimbanco che fanno solo grandi parole, ma di emozioni in foto non sanno tirare fuori nulla !!
 
E’ grazie anche alle tue foto se sono riuscito a crescere come professionista e come fotografo.
 
Giovanni Gastel, penso per te sia riservato in cielo un posto speciale. 
RIP.
 

Ecco una galleria di immagini che mi hanno colpito, anche se la scelta è difficile per quanto sono le immagine di valore che ha prodotto nella sua vita.

movie

Fotografia e Musica _ 3

La nascita del VideoClip

Mi è sempre piaciuta Loredana Bertè , una donna bellissima e sensuale negli esordi, ma da quando nella ns piccola band avevamo inserito il brano “E la luna bussò”, rimasi affascinato dalla costruzione di quel brano.

Quando ho scoperto la sua vita  e la sua parentesi nella grande mela direi mi è diventata un mito !!

La fotografia che vedete sopra è la copertina del disco “Made in Italy” scattata da un discepolo di Man Ray che frequentava la Factory di Andy Warhol, Christopher Makos, scattata nel 1981.

La Berté era arrivata nella città americana nel ’78, ufficialmente per imparare l’inglese, in realtà per vivere il suo “primo anno sabbatico newyorchese”. Una permanenza di un anno e mezzo e alle lezioni di inglese si aggiunsero presto  visite ai teatri e ai locali della città. E tra gli incontri con gli artisti fu sicuramente decisivo quello con Andy Warhol che alla Berté aprì le porte della sua industria artistica, la FACTORY.

Loredana entrò subito nelle grazie di Warhol , conosciuto al Fiorucci Store e scambiata per una commessa. Iniziò a frenquentare tutto il suo ambiente, e fu soprannominata “Pasta Queen”, per le sue doti culinarie italiane.

Nacque così il video clip del brano MOVIE.

“Non è soltanto uno dei primi videoclip della storia della musica. Ha la firma eccellente di Andy Warhol e una protagonista sorprendente, Loredana Berté. Il video di “Movie”, una canzone dall’album “Made in Italy” che la Bertè pubblicò nel 1981, venne girato da Warhol a New York negli studi della mitica Factory: la cantante italiana, grazie al chroma key, canta nel video sullo sfondo delle strade e dei palazzi di New York, immagini girate da Warhol il giorno prima.” cit.

Purtroppo la Rai sta facendo razzia di contenuti interessanti da web con la scusa del copyright, e attualmente non è più disponibile. Io l’ho visto solo qualche mese fa ed inutile dire la parola che mi viene in prima battuta è “innovativo”.

            Signora Berté, come ricorda il videoclip con Andy Warhol?
“Quel videoclip è il risultato di un anno di amicizia vera. Incontrai Warhol nel negozio newyorchese di Fiorucci e ci intendemmo subito. Diventammo molto amici: era gentile, ironico, sensibile, mi invitò subito a frequentare la Factory, dove diventai di casa, e veniva spesso a casa mia alle ore più assurde per farsi cucinare tortellini e altri piatti italiani che adorava. Alla scuola di lingue che frequentavo c’era anche Pelé, che studiava lo spagnolo, e con lui e Andy diventammo inseparabili, eravamo sempre in giro”.

In quel soggiorno a New York lei lavorò anche al disco “Made in Italy”.
“Incontrai per caso Eumir Deodato e gli chiesi se conosceva una band con la quale potessi registrare qualche pezzo che avevo già a disposizione. Lui mi portò negli Electric Lady Studios dove aveva inciso Jimi Hendrix e mi presentò a questa band incredibile di musicisti neri, i ‘Platinum Hook’, che però avevano altri lavori da seguire. Così abbiamo registrato il disco un po’ per volta, senza fretta”.
E come avvenne la scelta di “Movie” da parte di Warhol?
“La sentì un giorno che venne a trovarmi nello studio di registrazione. Gli piacque molto e volle conoscere la traduzione del testo, non faceva mai nulla a caso. Il giorno prima del video se ne andò in giro per New York a realizzare le immagini della città che si vedono sullo sfondo. Poi quando fu il momento di girare il video utilizzò la tecnica del chroma key, mi fece salire su un grosso barattolo che coprì con un telo azzurro e quando vidi il girato ebbi la sorpresa di ritrovarmi in mezzo alla città. Ma non fu l’unico regalo che volle farmi: anche la copertina del disco, con la bandiera d’Italia sgualcita e il mio ritratto, è opera della sua Factory: le foto le scattò Christopher Makos, che era uno degli artisti del suo gruppo. A me sarebbe bastata la copertina”.

© Dall’intervista di Carlo Moretti a Loredana Bertè.

Come già descritto negli articoli precedenti, se un’immagine ha una forza di comunicazione che ti può arrivare al cuore, se abbiniamo all’immagine una canzone che rafforza il concetto, beh a questo punto tocca anche le corde della ns anima.

L’evoluzione perfetta che è chiara conseguenza di come queste due arti vivono bene insieme, è il video clip, oggi il mezzo più diffuso e visto nel campo musicale. In fondo un video non è altro che la sequenza di più fotogrammi, quindi più fotografie. Vero, intervengono ritmi tempi dissolvenze ed altri fattori, ma la bellezza del cinema è fatta se dietro c’è un bravo “direttore della fotografia” , in quanto il mezzo che lo rende unico è come nella fotografia “LA LUCE”, il mezzo che impressiona la pellicola , il film sia fotografico che cinematografico.

Dunque quale è stato il primo video clip della storia ?

Molti lo attribuiscono ai QUEEN con il video “Bohemian Rhapsody”, ma se vogliamo guardare con più attenzione non è così. 

Nel prendere in considerazione quale sia stato il primo videoclip della storia della musica, bisogna fare delle sottolineature: c’è differenza tra videoclip e videoclip pubblicitari; Negli anni 60 hanno iniziato a realizzare diverse video clip che hanno portato singoli e brani ad essere pubblicizzati attraverso una messa in onda televisiva. 

Negli anni 60 sono stati i Beatles i primi ad inaugurare la tendenza del videoclip promozionale.

In quest’ottica rientrano tutti i video realizzati negli anni ’60: in tante occasioni si tratta semplicemente di videoclip che filmano la formazione esibire un brano, in altre (come nel caso dei Beatles) di brevi spezzoni dei film riconvertiti in videoclip con l’utilizzo della musica.

Ancora una volta, è necessario citare una realizzazione che ha fatto storia per avere un riferimento storico preciso: in particolar modo si può guardare al videoclip di Subterranean Homesick Blues, canzone di Bob Dylan il cui videoclip rappresenta una delle prime forme di pubblicizzazione moderna; il video, tratto dal film Don’t Look Back di D. A. Pennebaker, un documentario sul tour di Bob Dylan del 1965, mostra lo stesso cantautore statunitense lasciar cadere fogli su cui è scritto il testo del brano: i fogli sono stati scritti da Donovan, Allen Ginsberg, Bob Neuwirth e Dylan.

Caso specifico da prendere in considerazione è anche quello di Bohemian Rhapsody, il cui videoclip – del 1975 – può strutturalmente definirsi come il primo della storia rock, grazie all’utilizzo di una regia, di effetti speciali e di post-produzioni ben visibili. Lo Troverete infatti citato in diverse fonti come il primo video clip della storia.

La nazione all’avanguardia è sicuramente  la Gran Bretagna, dove nasce la trasmissione televisiva TOP OF THE POP.  Nasce il “New pop” da cui nasce il moderno video musicale.

L’audiovisivo non si limita più a registrare, documentare, una performance live o in studio… invece contribuisce alle emozioni e al feeling del brano musicale, oltre a rispondere all’esigenza del pubblico di poter vedere i loro idoli.

Tramite i videoclip inoltre gli artisti mirano a creare o valorizzare la propria immagine di star del pop, creando quindi dei veri e propri spot pubblicitari di sè stessi, non soltanto del proprio brano musicale.

Ma la vera svolta è la nascita di MTV, il programma dove il palinsesto è composto dai video clip ed arriva in poco tempo ad un successo popolare trasformando il video musicale nel mezzo in cui più i giovani si avvicinano alla musica.

Ad oggi il Web e oggi i Social sono diventati diffusori all’ennesima potenza dove chiunque dal proprio smartphone può usufruire di queste produzioni che sono diventate pure opere d’arte nei livelli più alti.

 

 

Da allora sono stati creati dei veri film, con registi importanti.

Quali sono i migliori ? Beh, anche qui vale la regola del budget, là dove ci sono molti soldi sono possibili cose incredibili ….. un pò come le foto di Annie Leibovitz sulla Disney, avete visto la foto di Biancaneve ed una sua foto di Backstage ? Produzione cinematografica di svariate decine e decine di migliaia di $.

E’ chiaro che io ho sempre guardato non solo la forma, in quanto sia musica che fotografia mi parlano dentro e mi fanno crescere, e non mi emoziono certo solo per una precisione tecnica, ma è vero che a volte tanta professionalità diventa arte ! E’ chiaro prediligo il messaggio, ma rimango sempre affascinato e prendo molto da quello che l’uomo riesce a creare nel cercare la bellezza.

A seguire una scelta di videoclip premiati e che mi hanno colpito, la lista potrebbe essere lunghissima ma ho cercato di toccare le mille sfumature della musica.

 

Ed infine lo sapete per me è un autore che ha creato in parte quello che sono, Bob Dylan. Non lo troverete nelle classifiche, un brano che forse a pochi può piacere, ma se avete il coraggio di leggere il testo di questo brano uscito un anno fa che è salito nelle classifiche come ai vecchi tempi, una riflessione di un uomo anziano, ricco di vita , di esperienza, sempre stato avanti a tutti, il cui contributo per tutto quello che ascoltiamo di buono è stato fondamentale.

 

BUONA VISIONE

Schermata 2020-07-12 alle 11.25.54

Musica e Fotografia 2

Sicuramente se non avessi fatto il fotografo, avrei provato a fare il musicista ….. troppa grande è l’emozione ed energia che scatena dentro di me la musica.

Ma pur facendo fotografia nella vita le due passioni hanno continuato a vivere in parallelo dentro di me. Come ho scritto nell’articolo precedente l’unione di queste due arti sublima la ns percezione dell’opera.

La volta scorsa ho preso un esempio simbolo di questa unione, il rapporto tra Robert Mapplerthorpe e Patty Smith, come promesso oggi voglio portarVi un altro grande esempio di questa contaminazione: Andy Warhol e i Velvet Underground.

Stessi anni , 60th ……  stessa location : Grenvich Village . Il luogo dove TUTTO è cambiato, dove la trasformazione artistica ha investito una grande trasformazione sociale nei giovani e nella società. 

P.S. film super consigliato : Across the Universe per capire cosa succedeva in quegli anni a NY.

Andy Warhol & Velvet Underground

Stessi anni 60, clima Newyorkese e voglia di creare , stupire, rivoluzionare.

Nello studio di Andy, la “Factory” c’era di tutto, un contenitore dove culture arti e trasgressione si incontravano.

Oltre ad essere serigrafia, era un luogo di ritrovo per artisti, attori di film hard, drag queen e musicisti.

Questi “operai dell’arte” svilupparono un’atmosfera tale da permettere all’artista di creare quelle immagini, suoni di massa, allo stesso modo in cui le industrie capitalistiche producono in massa prodotti per i consumatori.

Siamo nel 1965 quando Warhol e i Velvet si incontrarno al Cafè Bizarre nel Greenvich Village a NewYork. La band era appena stata licenziata dopo un esibizione ritenuta troppo scandalosa e volgare. Warhol, da spettatore di quello show, ne rimase folgorato.

E fu così che Warhol incontrò Lou Reed divenendo mentore della sua band: “ I Velvet Underground”, ed offrendo la Factory come sala prove. Al gruppo si aggiungerà per volere di Warhol anche Nico, chanteause tedesca che porterà il primo disco prodotto da Warhol stesso, una donna con un anima ancora più metropolitana.

Andy non fu il produttore musicale, ma quello “nominale” delle sessioni, le finanziò, presenziò ad esse, incitò la band a costruire il sound live che lo aveva tanto colpito, scelse di aggiungere la modella Nico alla band, disegnò la copertina; il suo fu un vero e proprio lavoro di propaganda, di produzione, non musicale bensì artistica.

L’album, VELVET UNDERGROUND & NICO (1967), è un magma ipnotico, un sound graffiante e potente, che parte con la spiazzante ‘Sunday Morning‘, ballata eterea e a tratti paranoica, passando poi alla martellante ‘I’m Waiting for the Man’, plana dolcemente su ‘Femme Fatale’ per impattare nell’apocalittica ‘Venus in Furs’, ispirata al romanzo di Leopold von Sacher-Masoch. Poi, è la volta di  ‘All Tomorrow’s Parties’ (la preferita di Warhol), la orecchiabile ‘There she goes again’, la cavalcata blues ‘Run Run Run’, la dissonante e sinistra ‘The Black Angel’s Death Song’. E, ancora, la nichilista, ruvida e allo stesso tempo seducente ‘Heroin’: “Perché quando l’eroina è nel mio sangue/ e il sangue è nella mia testa/ ringrazio Dio, sto meglio che se fossi morto!/ ringrazio il vostro Dio che non sono cosciente”. Droga, sesso e vita quotidiana infarcivano i testi di Reed.

Gli spettacoli dei Velvet & Nico erano delle vere performance musicali/artistiche no political correct, uno spettacolo multimediale che univa musica cinema danza recitazione e fotografia. Andy proiettava sue opere, che venivano trasportate in un altra dimensione dalla musica di Lou Reed e John Cale, mentre ballerine seminude e DragQueen ballavano. E da un altro punto di vista  la musica prendeva un altro valore mentre si vedevano effetti di luce ed immagini vive e proiettate. E’ la prima volta nella storia che l’immagine incontra la musica con tale enfasi e potenza !

Il loro rapporto, foto e musica, divenne importante anche per la foto della copertina fatta da Warhol.

L’immagine sulla copertina non solo inviava messaggi equivoci, ma rispecchiava anche i contenuti musicali delle canzoni.

Questa sfacciataggine, mista a suoni precursori di un nuovo stile, non furono ben accolti dagli standard dell’epoca.

L’oggetto della copertina era una banana gialla su fondo bianco, all’estremità superiore destra vi era una piccola scritta: “Peel Slowly and see” (“Sbucciare lentamente e vedere”), l’istruzione portava a scoprire che la figura del frutto non era altro che un adesivo il quale una volta tolto rivelava una banana rosa shocking, ovvia metafora maliziosa.

Più che una semplice copertina si può parlare di un’opera d’arte contemporanea, ed è ciò che oggi è diventato.

Questa contaminazione tra fotografia e musica ha creato le fondamenta per quello che è diventato oggi una grande potenza di comunicazione: il videoclip.  

Il video non è altro che una sequenza di immagini, ed un artista come Warhol nelle sue sperimentazioni non poteva non toccare questa nuova arte, che contaminata dalla musica ha creato i noti videoclip. 

Ma ne parleremo nel prossimo articolo.

Schermata 2020-06-17 alle 16.05.18

LUCI GIUSTE PER VIDEOCHIAMATE PERFETTE

In tempi di Covid abbiamo scoperto _ riscoperto _ assaporato la bellezza ed importanza della comunicazione attraverso il web tramite videochiamate, webinar, workshoponline.

Ma proprio questa esplosione ha portato alla luce le grandissime difficoltà che si incontrano affrontando i video, specialmente se i soggetti siamo noi stessi ! Oggi non vi parlerò dei problemi tecnici, dei programmi da utilizzare, della rete in italia che è assolutamente insufficiente per poter gestire dirette facebook , ma di un problema ben più importante e che sta alla base nella gestione della videochiamata: la luce !

 

Così come fotografia significa disegnare con la luce, anche nel video se c’è una componente che è fondamentale per non apparire poco professionali ed improvvisati, è la luce. Il video infatti non è altro che il susseguirsi di immagini statiche, vive quindi di fotografia.

Avete mai notato quale è la grandissima differenza che vi lascia sbigottiti quando guardate una telenovelas argentina ……. o lo spot girato da teleromagna (riferimento casuale solo per dare l’idea) ed una produzione cinematografica americana di livello (per capirci un film da oscar) ?

Ebbene si …. è  la LUCE !! Nel primo caso ci ritroviamo un effetto finto come se avessero preso tutte le luci che avevano nel set e le avevano sparate direttamente sui soggetti.  Oppure non esiste luce artificiale e quella del sole viene utilizzata nel peggiore dei modi. Nel secondo caso ci ritroviamo immersi ed affascinati in situazioni dove ci sembra di vivere le scene entrandoci dentro e con emozioni che colpiscono il cuore!

E capirete benissimo che fondalmentalmente è solo una questione di budget, i soliti soldi !!!!

Non a caso nella geriarchia dei fotografi si va dal negozietto che fa ritrattini e battesimi, al fotografo matrimoni, al fotografo reportage, al fotografo industriale , al fotografo pubblicitario, e chi sta in cima alla piramide ? Il direttore della fotografia, il personaggio che crea le luci nel cinema. Sono pagatissimi, molto preparati, di solito è un fotografo pubblicitario che  frequenta un corso specializzato per il cinema …….   Un’eccellenza italiana è Vittorio Storaro : Apocalypse now (1979) –  L’ultimo imperatore (1987)

Tornando alle nostre dirette facebook o video lezioni o incontri che possiamo realizzare in un mondo dove comunicare a distanza sta prendendo sempre di più un peso importante nel workflow in tutti i settori, una base fondamentale per non sembrare sprovveduti è la luce che ci illumina, oltre all’audio.

Siccome non sono un tecnico del suono, con Mirna Casadei, la Homestaging più famosa in Italia, abbiamo realizzato una diretta IG molto bella su come poter risolvere l’illuminazione in casa anche senza troppi mezzi !!!!! Dopo la diretta visto l’importanza dell’argomento, ho realizzato questo video tutorial che vi spiega il concetto di luce diffusa ed illustra come costruirsi con pochi mezzi un diffusore (softbox) per illuminare se stessi al top quando realizziamo un video.

Scordatevi i famosi RING cinesi …… dove vado ne trovo uno per terra …. chiedo il motivo …. e tutti mi rispondono : “l’avevo comprato perchè dicevano è bellissima la luce che fa …. poi dopo due prove non l’ho più usato, ero orribile con luce sparata in faccia senza ombre e se metto gli occhiali un disastro”.

NOOOOO L'ANELLO NOOOOOOO

Imparare a gestire le luci, che siano naturali o artificiali, è la base fondamentale della fotografia.

Ma non preoccupatevi, anche molti fotografi professionisti non lo sanno, ed utilizzano le luci sempre nella stessa maniera, dando importanza solo alla modella e inquadratura …..

Vi lascio al mio video tutorial, che sarà il primo di una serie importante che troverete sul mio canale YouTube, nella McMau Light Academy , e che vi riporterò sempre nel mio blog.

Buona visione …… e attenti alla luce della finestra !!!!!!!

foto militare 016

Un’esperienza ….. fotografica “UNICA”

Un Blog non è un Blog se non si racconta chi siamo, qualche anedoto, la propria esperienza e crescita.

Questa mattina un caro amico , Stefano, ha postato una foto “mitica” su FB che rappresenta la “stecca” del 4° scaglione del 1987 della caserma Perotti di Fossano, del 22° Battaglione di fanteria. Capite benissimo che si parla del servizio militare, che ha coinciso anche con il mio primo incarico “lavorativo” come fotografo !!

Ma partiamo dall’inizio : mi ero appena diplomato all’Istituto Europeo di Design a Milano, la mitica sede in p.zza Diaz, e avevo iniziato a lavorare in uno studio in v.le Abruzzi per l’agenzia Girella, che si occupava prevalentemente di giornalismo, ma aveva una sezione di produzione stock di food. Altri tempi, con professori come Roberto Tomesani, già un leader e pieno di simpatica e carisma, allora caporedattore di Progresso Fotografico, uno svizzero che era la rappresentazione di come ci immaginiamo gli svizzeri, preciso ed esigente , Carla Novi responsabile comunicazione Ilford.

  Come si faceva all’epoca anche io avevo cercato i miei agganci, ma un giorno mi arriva la famosa lettera di chiamata alle armi !!! In un mese dovevo partire ….. destinazione Fossano, paese mai sentito nominare prima di quella lettera. 7 ore di treno, viaggiando di notte.  Bellissimo il ricordo di quel viaggio, mi ritrovo un ragazzo del mio paese, tanta gente con i capelli rasati, tutti eravamo giovani e spaventati per quello che ci aspettava. 

E qui il primo collegamento alla fotografia !! Ma quanto sarebbe stato bello avere avuto con me la macchina fotografica e aver documentato quel viaggo ? Ma quanto è bella e importante la fotografia che non fa morire nella memoria certi ricordi della propria vita? Vi assicuro che in quel momento purtroppo stavo pensando di tutto ma non certo di dover documentare l’esperienza, anche perchè io ero già nato come fotografo, e non di reportage, ma bensì nella fotografia pubblicitaria, direi due lavori praticamente all’opposto se non nella parola  fotografia.

Tanti vogliono dimenticare l’esperienza del militare, spesso un brutto ricordo, ma per me a distanza di anni è stata un’esperienza unica e irripetibile. Un’esperienza umana che sicuramente ti fa crescere, anche se riconosco che non sempre può essere stata positiva visto il modo in cui viene affrontata. Quando mai vi può capitare nella vita di vivere una convivenza con 900 persone che non si conoscono, nella difficoltà di una vita rigida che ti privano di ogni zona confort che ci avevano abituati i genitori ? E con una disciplina che ti insegna il rispetto, l’ordine, e che ci fa diventare tutti uguali, dal laureato al delinquente con la 5° elementare? (ci poteva essere anche il delinquente laureato ed il ragazzo d’oro con la 5° Elementare, non ho pregiudizi)

Dopo il mese da “burba” , ovvero il mese di car, ovvero il mese dove si impara un pò la disciplina e ci si prepara al Giuramento dove appunto si giura fedeltà alla patria e si viene destinati alla caserma effettiva per gli altri 11 mesi, attendevo con ansia e trepidazione il mio destino, ovvero la mia destinazione. Arrivare a Rimini era escluso dalle possibilità di quella caserma , e non conoscevo generali, le possibilità erano molto triste, la principale era Novi Lager ….. oooppsss Novi Ligure, come avete capito una caserma operativa dove il coltello nella tasca era normale per sopravvivere al nonnismo. Non voglio dilungarmi cercate su wikipedia, ma sappiate che il concetto di anzianità è importantissimo e sacrosanto, ma spesso purtroppo era espresso in una formula sbagliata!!! 

Siccome io ero con una laurea breve, diciamo fuori età, e specialmente non ero nei tabulati normali in quanto partito così all’improvviso, ero rimasto in attesa senza destinazione. Il fato vuole che esiste una costante nel militare ……  il sonno !!!!! Infatti si dorme 5 h 30 m a notte e se non sei abituato vi assicuro non è una cosa semplice da affrontare. La mia fortuna che il fotografo del battaglione, un ragazzo del 7° scaglione, quindi arrivato 3 mesi prima e che sarebbe dovuto stare in quella caserma per altri 8, soffriva anche lui di sonnolenza, e quando si chiudeva in camera oscura a sviluppare ….. 

Un giorno non si era presentato all’adunata, non lo trovavano in camerata, finchè esce fuori dalla camera oscura con gli occhi semichiusi e con un passo vacillante. Aveva dormito per 4 ore con la porta chiusa a chiave !!!! Punito con 7 gg e declassato ad attività meno agevolata. Ebbene sì, tra i vari compiti che hanno i fanti nella caserma ne esistono alcuni che non sono male, come lavorare allo spaccio dove prendevi gratis 5 caffè al giorno, o negli uffici decentrati, o nel centralino telefonico, dove allora potevano ascoltare delle chiamate che arrivavano ai marescialli e ufficiali assai compromettenti …….

Ma c’era anche il ruolo del fotografo. Un ruolo importante, in quanto in primo luogo aveva la responsabilità di fotografare e realizzare poi stampando le foto tessera da allegare al proprio tesserino. In secondo luogo doveva documentare con un vero servizio da reporter il momento solenne del Giuramento, dove arrivavano tutti i genitori da ogni parte dell’Italia in tribuna per vedere i propri ragazzi urlare …..LO GIURO …. che chiaramente veniva a volte mascherato con un sinonimo che non posso riportare (scrivere in privato per i curiosi).

Chiaramente il fotografo lavorava specialmente nel periodo quando arriva il nuovo scaglione (quasi ogni mese) e nei gg del giuramento, quindi ero anche negli uffici della maggiorità (dove ci sono i capi) ed essendo caporale andavo anche a Torino a rifornire di materiale di cancelleria gli uffici.

Maurizio caporale fotografo

IMG_6423

 

Dunque da un sonnolino profondo del fotografo il comandante , tenente colonello Busiello , mi chiamò vedendo la mia scheda dove indicavo come professione “fotografo“. Gli spiegai della scuola fatta a Milano e dell’inizio attività (senza specificare che avrei fatto volentieri a meno del servizio), e mi presero al volo come effettivo della caserma, all’istante.

Essere in una caserma di CAR , dove si fa appunto il Car che è il primo mese da militare, ha i suoi vantaggi. Caserma ben curata, mangiare più che sufficente, avevi ogni mese 700 – 900 burbette sotto di te in fila in mensa, se ti divertiva potevi far stare una burbetta sull’attenti di fronte a te per due ore (io non lo facevo), ma l’aspetto migliore è che c’erano persone “selezionate” dall’uffico selezione. Quindi si è formato un gruppo bellissimo e molto unito , diversi laureati, persone squisite, gente da ogni parte d’Italia, dal giovanissimo 18enne al 25enne dottore.

Unico aspetto negativo la distanza, che mi ha fatto andare poco a casa, ma proprio questo è stato il lato migliore, oltre a fare quello che avrei fatto nella vita, il fotografo. Infatti per riempire il tempo e per il mio spirito costruttivo ed energico, ho fatto di tutto. Uscire la sera era veramente triste, un paesino fatto di caserme (erano ben 3 allora), se uscivi la sera vedevi solo teste rapate, ragazze zero, e avevamo un sonno che non stavamo in piedi !!!! 

Mi sono così divertito a organizzare mille cose, dai tornei di ping-pong e bocce con premio una settimana libera (tanta roba) , all’organizzare una BAND in caserma, con tanto di concerto per tutti nel cinema, con strumenti e impianto affittati a Torino .  E se ho toccato la musica come non potevo non toccare anche l’altra mia passione della vita? Ho fatto il mio primo corso di Fotografia, ebbene si, con le lezioni prese dall’IED, mettendoci del mio , è iniziato quello che poi sarebbe diventata la mia scuola di fotografia Study&Shot, con corsi e mostre piene di energia e la creazione dell’associazione Shooters.

 

Compiti del fotografo durante il servizio militare

Sveglia alle 5,30 ginnastica, colazione , alzabandiera, e ognuno nei propri reparti alle 8,00. Io andavo in camera oscura, ebbene si c'era un vero ingranditore , Durst M605 Color, un lusso anche se stampavo solo in b&n, una vecchia Olympus a cui ho sostituito la mia Canon AE1, mitica ...... solo ad inizio lavoro ho acquistato la F1 professionale, con il mitico obiettivo 135 mm f/3,5 , di una nitidezza unica , 5 volte maggiore del più costoso f/2,8 Questa a fianco è la famosa lavagna, dove veniva segnato nome cognome e scaglione con anno corrente.
Infatti dopo la vestizione si passava dal fotografo, dove due alla volta scattavo la loro foto e poi stampavo la fototessera. E qui ne ho viste di tutte, persino uno scaglione dalla Sardegna dove ad 1/3 ho dovuto scrivere io il nome perchè non lo sapevano fare !!
Ad oggi non vi dico quale ricordo sentire gli odori degli acidi, stare nella luce rossa aspettando l'immagine latente.
Unico problema è che avevo tanto tempo a disposizione, per cui ho iniziato a sviluppare alcune mie foto personali, e si trattava di modelle, ed una volta mi ha beccato il colonnello che dopo il classico cazziatone e punizione, mi ha lasciato nel mio posto visto che gli tenevo sempre almeno 50 persone la sera al corso di fotografia in caserma invece di scorrazzare per Fossano, ed ero sempre attivo nell'organizzazione del tempo libero in caserma.

FotoReporter per un anno

Non è mai stato il mio desiderio, ma aver documentato per un anno i vari giuramenti in fondo non è stato così male, malgrado non sono fotografo dall'animo giornalistico. Forse era una professione che mi sarebbe anche piaciuta, ma ormai la mia strada l'avevo scelta.
Fare il FotoReporter è stato bello, ho tirato fuori i primi scatti interessanti, purtroppo ne ho portato a casa pochi, non c'erano i file digitali e dovevo lasciare tutto in archivio .......
Scattavo in b&n con la ILFORD FP4 e a colori con negativi 200 ISO kodak.
Un giorno entrando nell'ufficio del colonnello vidi il calendario dei Carabinieri, con belle foto. Già sognavo, un giorno realizzerò un calendario così bello! Beh, non l'ho realizzato per i Carabinieri ma di calendari negli anni ne ho fatti veramente tanti.

In un prossimo articolo parlerò di come ho realizzato la Stecca, lavorando in banco ottico con esposizioni multiple e con la foto disegnata su un trasparente dietro al banco, nel vetro smerigliato.

Buona luce a tutti !! E se non avete fatto il militare …. beh vi siete persi una grande esperienza anche se in tanti hanno portato a casa solo gli aspetti negativi .

La stecca del 4°/87

Cosa ne dite ? Mi avreste visto come fotoreporter ?

O è meglio aver realizzato i calendari ?

Mettete un commento sono curioso !!!!

Schermata 2020-05-30 alle 15.02.21 B

Musica e Fotografia

Esistono molti modi per affrontare il rapporto tra la musica e l’immagine, fotografia.

I due mondi, ovviamente, si collegano prima di tutto a livello percettivo, mentale. Per una corretta impostazione della questione, si devono contemplare l’immenso territorio dell’immagine visibile e l’altrettanto vasto territorio dei suoni udibili.

Ogni segno, elemento o componente visiva, costituisce un “oggetto visivo”, inteso nel modo più generico possibile. Similmente un qualunque evento uditivo costituisce un “oggetto sonoro”.

Pensare alla corrispondenza tra due oggetti, uno sonoro ed uno visivo, come due espressioni, due manifestazioni di una stessa “entità”, essere super partes che emana espliciti stimoli AUDIOVISIVI.

In questo senso immagine e musica, oggetti visivi e sonori, non sono altro che due diverse manifestazioni dello stesso essere, che sia pensiero o semplice sensazione che colpisce l’anima.

La musica e la fotografia, dunque, sono strettamente collegate da un rapporto percettivo, mentale, artistico e culturale. Due espressioni artistiche così spesso legate tra loro in modo inseparabile, che nella vita degli autori la ritroviamo in continuazione.

Non è un caso che  difficilmente ho collaborato con grafici, Artdirector o colleghi fotografi che non amassero la musica, anzi che la musica non fosse parte imprenscindibile della loro vita. O facendo parte della musica come esecutori (chitarristi specialmente) o amandola a tal punto da seguire concerti , uscite discografiche, in maniera ossessiva, perchè senza di essa (la musica) non si è in grado di vivere (è come quando manca l’ossigeno per respirare).

A volte per capire a pieno un significato anche emotivo, l’una si avvale dell’altra; spesso la fotografia aiuta a capire ciò che la musica ha da dire e viceversa. Sin dai tempi in cui studiavo all’IED a Milano ero rimasto affascinato, ma non è la parola esatta ….. avete presente quando arriva uno tsunami e travolge una spiaggia ? No? …. neppure io ma credo che le immagini che abbiamo visto ci diano un’idea chiara !!  Beh mi aveva colpito in quel modo …… una scossa che mi è rimasta in tutta la mia vita da fotografo. Il top erano le proiezioni con proiettori Hasselblad 6×6 cm e musica di alto livello …….  Ora abbiamo grazie alla tecnologia tante possibilità creative ancora più coinvolgenti, ma il punto rimane quello: quando l’emozione dell’immagine incontra l’emozione della musica …… l’emozione che ne deriva viene amplificata di 10 volte.

Nella storia della fotografia e della musica, questo incontro ha raggiunto apici negli anni 60, quando il Greenvich Village di New York era il cuore pulsante di una società che cercava espressioni culturali che potessero scuotere le anime.

 

Patty Smith & Robert Mapplethorpe

Due ventenni squattrinati arrivano a New York alla fine degli anni 60. Si incontrano per caso, si amano, si lasciano quando lui scopre di essere omosessuale, ma restano amici e si aiutano per tutta la vita.

Anche quando diventano artisti famosi, anche quando lui muore e lei continua a conservare la sua memoria.

La storia di amicizia tra Patti e Robert si racconta in un libro, “Just Kids”, un ritratto inedite struggente del grande fotografo, un inno alla creatività per sempre giovane e un documento alla New York vitale e creativa di quegli anni.

Al centro di tutto c’è il loro legame umano ed artistico, quel modo complice di guardarsi che viene fuori dalla famosa copertina del primo album di Patty, “Horses”, del 1975, una foto che Mapplethorpe le fece senza luci,

senza assistenti, soli loro due in una stanza.

Questo rapporto si è creato tra un musicista ed un fotografo, tra fotografia e musica, un rapporto inequivocabile.

Questo legame tra i due, forte, che va al di la delle parole, piena di sfumature, intreccia amore, amicizia, vita e arte.

Patti, la sua musica rock, la sua voce rabbiosa, febbrile e dolente incarna una figura a metà tra una oscura sacerdotessa ed una passionaria politica.

Mapplethorpe, la sua fotografia in bianco e nero, con forti contrasti, una scultura scattata e scolpita in una foto incarnava, invece, una figura forte, allo stesso tempo fragile confusionaria. Per questo la sua esigenza di trovare “l’equilibrio” perfetto nelle sue fotografie. Entrambi creavano arte l’uno come ispirazione dell’altro, un mix che portò i due artisti ad esprimersi nel massimo della loro ispirazione e creatività.

Intervista di Patty Smith al Rolling Stone

“Il giorno prima che morisse, ho promesso a Robert (Mapplethorpe) che avrei scritto la nostra storia. Lo conoscevo da quando avevamo 20 anni ed eravamo Just Kids, solo due ragazzi, affamati della vita, creativi e senza un soldo. Abbiamo costruito tutto partendo dal nulla. Quando vivevamo al Chelsea Hotel non avevamo un telefono, non avevamo tv, mangiavamo una volta al giorno. Ma credevamo nella nostra visione e di notte lavoravamo alla nostra arte. Ho scritto il libro perché volevo che la gente sapesse chi era Robert, come si è formato, e che ciò che abbiamo fatto è a disposizione di tutti, quando arriva quel momento di battersi per le proprie idee. Volevo far capire ai ragazzi che non è la crisi che può fermarti, che può renderti infelice, che può impedirti di realizzare i tuoi sogni. Si può andare avanti con niente, e la cosa migliore di cui disporre è una persona con cui condividere questi momenti, qualcuno che creda in te. Ma devi essere tu il primo a credere in te stesso, nel tuo desiderio di scrivere, suonare, fare fotografie” Patti Smith (tratto dall’intervista su Rolling Stone Magazine)

In un prossimo articolo parlerò dell’altro esempio degli stessi anni che è la sintesi perfetta di questa fantastica unione di espressioni artistiche ….. Andy Warhol e i Velvet Underground.

_S8A0188 1a1 DXO

BLOG …. let’s Go

MP BLOG

In una comunicazione frenetica dove i social cambiano continuamente, dove esce TikTok che sembra un gioco per bambini e lo vediamo usare dalla blogger n. 1 , da Michelle Hunziker ed altri nomi importanti, dove non sappiamo quanto durerà Instagram, dove Facebook sembrava morto ed ora gestisce con Business Manager tutte le campagne Facebook ed IG, certo non vi so dire se è una buona mossa iniziare un blog personale in questo periodo.

Certo il COVID ci ha fatto riflettere molto, personalmente ho scritto diverse cose e sistemato archivi e idee, ma un mezzo di comunicazione come il blog ormai vecchio potrebbe sembrare una mossa certamente “datata” .

Ma voglio essere sincero con Voi, non mi interessa se è datato o avrà una rinascita ….. le regole che muovono questi flussi di comunicazione a volte sono incomprensibili anche per il miglior Social Media Manager.

Faccio un blog perchè ho voglia di comunicare, pur non essendo il linguaggio la mia arma migliore …… non per niente sono un fotografo!!

Ma sarà la mia esperienza a parlare, sarà il mio cuore, saranno le mie immagini.

Di cosa parlerò in questo blog?

Ci ho pensato molto, e di notizie sui blog il web è strapieno, ormai troviamo tutto, da tutorial a commenti culturali, a recensioni, insomma non è rimasto nulla che non è descritto sul web. E non sarei in grado ad affrontare un tema e sviscerarlo in tutti i suoi aspetti, visto che continuo a produrre immagini ed emozioni e realizzarle è il motore della mia vita, e la giornata è sempre di 24 ore.

Ma le riflessioni che tutti avremo fatto nelle ore “regalate” dal lookdown mi hanno portato a capire una profonda verità: l’esperienza crea valore, se uno ha vissuto profondamente. E cosa fa la differenza tra il Maurizio che a 23 anni ha iniziato la carriera e il Maurizio di adesso ? Sicuramente la qualità delle immagini ha avuto un innalzamento del 2000×100 , ma il bello è capire il motivo. La tecnica, nuove tecnologie, il knowledge acquisito (conoscienza preesistente)  sono determinanti al 25%, ma la grande fetta, il 75% è dovuto dalla perinformation, ovvero le esperienze di vita e di lavoro che hanno aumentano la nostra coscienza di essere fotografi. E’ quindi il prodotto tra le due conoscienze che determinano quello che sono oggi, il fotografo che sa gestire importanti clienti e campagne pubblicitarie con creatività e passione.

Quindi il tema è proprio questo, Maurizio , quello che ho vissuto, i miei giudizi maturati da incontri, da esperienze, i motivi per cui ho realizzato le mie immagini vincenti, quello che ci sta dietro ad uno shooting, e perchè no ….. condividere aspetti tecnici utili a tutti, far capire dove sta il valore di una foto, consigliare autori meritevoli e giovani talenti …….. 

A chi è rivolto ? A chi guarda una mia immagine e rimane più di 2 secondi a guardarla, vi assicuro che in un mondo dove la media di fruizione di una immagine su IG è pochi decimi è un grande successo e gratificazione personale.

 

Maurizio Polverelli photography
Light Emotions