Esistono molti modi per affrontare il rapporto tra la musica e l’immagine, fotografia.
I due mondi, ovviamente, si collegano prima di tutto a livello percettivo, mentale. Per una corretta impostazione della questione, si devono contemplare l’immenso territorio dell’immagine visibile e l’altrettanto vasto territorio dei suoni udibili.
Ogni segno, elemento o componente visiva, costituisce un “oggetto visivo”, inteso nel modo più generico possibile. Similmente un qualunque evento uditivo costituisce un “oggetto sonoro”.
Pensare alla corrispondenza tra due oggetti, uno sonoro ed uno visivo, come due espressioni, due manifestazioni di una stessa “entità”, essere super partes che emana espliciti stimoli AUDIOVISIVI.
In questo senso immagine e musica, oggetti visivi e sonori, non sono altro che due diverse manifestazioni dello stesso essere, che sia pensiero o semplice sensazione che colpisce l’anima.
La musica e la fotografia, dunque, sono strettamente collegate da un rapporto percettivo, mentale, artistico e culturale. Due espressioni artistiche così spesso legate tra loro in modo inseparabile, che nella vita degli autori la ritroviamo in continuazione.
Non è un caso che difficilmente ho collaborato con grafici, Artdirector o colleghi fotografi che non amassero la musica, anzi che la musica non fosse parte imprenscindibile della loro vita. O facendo parte della musica come esecutori (chitarristi specialmente) o amandola a tal punto da seguire concerti , uscite discografiche, in maniera ossessiva, perchè senza di essa (la musica) non si è in grado di vivere (è come quando manca l’ossigeno per respirare).
A volte per capire a pieno un significato anche emotivo, l’una si avvale dell’altra; spesso la fotografia aiuta a capire ciò che la musica ha da dire e viceversa. Sin dai tempi in cui studiavo all’IED a Milano ero rimasto affascinato, ma non è la parola esatta ….. avete presente quando arriva uno tsunami e travolge una spiaggia ? No? …. neppure io ma credo che le immagini che abbiamo visto ci diano un’idea chiara !! Beh mi aveva colpito in quel modo …… una scossa che mi è rimasta in tutta la mia vita da fotografo. Il top erano le proiezioni con proiettori Hasselblad 6×6 cm e musica di alto livello ……. Ora abbiamo grazie alla tecnologia tante possibilità creative ancora più coinvolgenti, ma il punto rimane quello: quando l’emozione dell’immagine incontra l’emozione della musica …… l’emozione che ne deriva viene amplificata di 10 volte.
Nella storia della fotografia e della musica, questo incontro ha raggiunto apici negli anni 60, quando il Greenvich Village di New York era il cuore pulsante di una società che cercava espressioni culturali che potessero scuotere le anime.
Patty Smith & Robert Mapplethorpe
Due ventenni squattrinati arrivano a New York alla fine degli anni 60. Si incontrano per caso, si amano, si lasciano quando lui scopre di essere omosessuale, ma restano amici e si aiutano per tutta la vita.
Anche quando diventano artisti famosi, anche quando lui muore e lei continua a conservare la sua memoria.
La storia di amicizia tra Patti e Robert si racconta in un libro, “Just Kids”, un ritratto inedite struggente del grande fotografo, un inno alla creatività per sempre giovane e un documento alla New York vitale e creativa di quegli anni.
Al centro di tutto c’è il loro legame umano ed artistico, quel modo complice di guardarsi che viene fuori dalla famosa copertina del primo album di Patty, “Horses”, del 1975, una foto che Mapplethorpe le fece senza luci,
senza assistenti, soli loro due in una stanza.
Questo rapporto si è creato tra un musicista ed un fotografo, tra fotografia e musica, un rapporto inequivocabile.
Questo legame tra i due, forte, che va al di la delle parole, piena di sfumature, intreccia amore, amicizia, vita e arte.
Patti, la sua musica rock, la sua voce rabbiosa, febbrile e dolente incarna una figura a metà tra una oscura sacerdotessa ed una passionaria politica.
Mapplethorpe, la sua fotografia in bianco e nero, con forti contrasti, una scultura scattata e scolpita in una foto incarnava, invece, una figura forte, allo stesso tempo fragile confusionaria. Per questo la sua esigenza di trovare “l’equilibrio” perfetto nelle sue fotografie. Entrambi creavano arte l’uno come ispirazione dell’altro, un mix che portò i due artisti ad esprimersi nel massimo della loro ispirazione e creatività.
Intervista di Patty Smith al Rolling Stone
“Il giorno prima che morisse, ho promesso a Robert (Mapplethorpe) che avrei scritto la nostra storia. Lo conoscevo da quando avevamo 20 anni ed eravamo Just Kids, solo due ragazzi, affamati della vita, creativi e senza un soldo. Abbiamo costruito tutto partendo dal nulla. Quando vivevamo al Chelsea Hotel non avevamo un telefono, non avevamo tv, mangiavamo una volta al giorno. Ma credevamo nella nostra visione e di notte lavoravamo alla nostra arte. Ho scritto il libro perché volevo che la gente sapesse chi era Robert, come si è formato, e che ciò che abbiamo fatto è a disposizione di tutti, quando arriva quel momento di battersi per le proprie idee. Volevo far capire ai ragazzi che non è la crisi che può fermarti, che può renderti infelice, che può impedirti di realizzare i tuoi sogni. Si può andare avanti con niente, e la cosa migliore di cui disporre è una persona con cui condividere questi momenti, qualcuno che creda in te. Ma devi essere tu il primo a credere in te stesso, nel tuo desiderio di scrivere, suonare, fare fotografie” Patti Smith (tratto dall’intervista su Rolling Stone Magazine)
In un prossimo articolo parlerò dell’altro esempio degli stessi anni che è la sintesi perfetta di questa fantastica unione di espressioni artistiche ….. Andy Warhol e i Velvet Underground.